Sabato scorso circa tremila persone hanno manifestato per le vie (oddio, una via e mezza per la verità…) di Teramo, per chiedere garanzie sull’acqua del Gran Sasso, la cui falda acquifera è seriamente minacciata dagli esperimenti che si compiono nei laboratori di fisica nucleare, situati proprio sotto la montagna, in coabitazione con la riserva idrica.
La minaccia consiste essenzialmente nel fatto che, quando fu costruito il traforo del Gran Sasso, a partire dalla fine degli anni sessanta (esempio fulgido della sporcizia politica che volle bucare per dieci chilometri una montagna, causando l’abbassamento di 600 metri della falda acquifera), la pressione che l’acqua esercitava era troppa per la stabilità della galleria. Così quest’acqua fu incanalata ed immessa nel sistema distributivo dell’acqua potabile. Il primo, ed il più evidente, problema che questa situazione generava era (ed è rimasto tuttora) la fragilità che un sistema, che vede la coabitazione dei tunnel autostradali, delle captazioni idriche e dei laboratori di fisica nucleare, può avere.
Non a caso infatti sono più di vent’anni che in tutta la provincia teramana, fino ad espandersi alla provincia aquilana ed al pescarese, si hanno problemi con l’acqua. Contaminazioni, sversamenti pericolosi, inquinamenti, morie di fauna nei fiumi e via discorrendo con tutta una serie di nocività, con quel che comporta per la salute di tutti noi.
Negli anni, ci siam sentiti ripetere, che ci voleva più trasparenza, più sicurezza e più partecipazione.
Sempre le stesse parole…
E sempre le stesse parole d’ordine si son sentite ripetere alla manifestazione di sabato scorso a Teramo.
Però avviene, purtroppo, che queste parole siano smentite dai fatti. Avviene, puntualmente, che la tanto sbandierata sicurezza nei laboratori non vi sia. Così come non c’è né la trasparenza, né tantomeno la partecipazione degli abitanti dei territori. E riprova ne è l’ultimo esperimento in ordine di tempo (Sox), di cui alcune istituzioni (prefettura e Regione ad esempio) erano a conoscenza e, di conseguenza, ne sono stati e ne sono complici.
Ora tocca chiedersi a cosa sia servita quindi la manifestazione di sabato scorso.
Se la litania deve essere la stessa degli ultimi anni (sicurezza, partecipazione, trasparenza)… bhé, non ci siamo proprio. Perché come detto (e sfogliando le pagine di cronaca locale vi sono decine di esempi, purtroppo) i fatti, nefasti, hanno contraddetto questa miserevole richiesta alle istituzioni.
Ma a cosa è servito allora?
Agli organizzatori della manifestazione è servita sicuramente, per appagare la loro ansia di egemonia sulla protesta. Tant’è che, già dal giorno dopo, lanciavano affermazioni del tipo che loro, adesso, rappresentavano la voce della piazza e quindi, chi di dovere, dovrà interloquire con loro. E, probabilmente, tale finzione partecipativa sarà anche esaudita, verranno convocati a qualche pseudo tavolo tecnico e si avrà l’impressione di star in un qualche modo influendo… la più grande delle corbellerie! Gli organizzatori della manifestazione di sabato, ad inizio estate all’ennesimo avvelenamento della nostra acqua che fu dichiarata per un periodo non potabile, ce li ricordiamo a convocare incontri con coloro che ci stavano e ci stanno avvelenando: rappresentanti del Ruzzo (l’ente acquedottistico locale), dei laboratori e istituzioni varie. Ricordiamo la loro indifferenza (e finanche insofferenza) verso la mobilitazione di quest’estate che portò un corteo a manifestare fuori i laboratori ad Assergi. Purtroppo gli organizzatori della manifestazione di sabato li conosciamo fin troppo bene e non è un caso che sabato scorso andavano a braccetto con tutta una serie di personaggi squallidi, presenti alla manifestazione (nonostante le responsabilità tra indifferenza o, peggio, complicità) solo per raccattare qualche consenso o qualche pugno di voti in previsione delle ormai prossime elezioni.
Ci obietteranno che anche agli inizi degli anni duemila, una mobilitazione (ben più vasta di quella attuale), fermò lo scellerato progetto di fare un terzo tunnel sotto al Gran Sasso…. Anche qui non raccontiamo fandonie! Non possono certo esser stati, allora, due cortei (in nessun modo conflittuali) ed un concerto di Jovanotti a fermare chissà quali interessi. Né tantomeno chissà quale ricorso giudiziario, visto che ora si vanno sbandierando di nuovo come unica arma e fine ultimo per opporci alle nocività sotto al Gran Sasso. Certo, quelle mobilitazioni riuscirono a porre l’attenzione sul tema, e di questo gli va dato atto. Ma allora, e con un po’ di sincerità possiamo ammetterlo, furono le porcate stesse che fecero gli avvelenatori ed i politici a rendere quell’opera insostenibile. Come probabilmente interessi economici che son andati sfumando. Ricordiamo, di quel periodo, i pesci morti lunghi i fiumi, l’acqua che cambiava colore a Casale San Nicola (sotto il Gran Sasso), i divieti di usare l’acqua potabile a periodi. E poi ancora, gli scandali legati a Lunardi, allora ministro delle infrastrutture, tra ditte intestate alla moglie (la Rocksoil), corruzione per gli appalti del g8, il fatto di aver lavorato per la Cogefar (che aveva costruito, tra le altre cose, anche il traforo del Gran Sasso), e tutta una serie di altre porcate di cui, in special modo i politici, son capaci.
Arrivati a sto punto, vien quasi da chiedersi se il corteo di sabato sia servito a qualcosa…
Sciogliamo il campo da questi, pur ragionevoli, dubbi: Sì! È servito sicuramente a qualcosa.
In primo luogo a farci capire che degli organizzatori non dobbiamo fidarci. Essenzialmente per due motivi: uno pratico ed uno politico. Quello pratico perché, come già detto, le “parole d’ordine” che vanno usando sono solo la ripetizione di ciò che ascoltiamo da oltre vent’anni e che purtroppo, non hanno portato a niente. Se non a peggiorare le cose ed a subire le nocività con una costanza sempre più allarmante.
Il motivo politico, che sarebbe meglio chiamare etico, è essenzialmente perché la testa del corteo di sabato non ci rappresenta, nonostante questi impostori adesso si ergano a “rappresentanti della piazza”. Ma non solo non rappresentano chi sta scrivendo queste righe, ma non devono rappresentare nemmeno coloro i quali, bontà loro, queste righe le leggeranno. Non fatevi fregare! La dialettica istituzionale che questi politicanti, o aspiranti tali, vogliono mettere in campo, non ci risolverà alcun problema, né a noi che viviamo il territorio, né tantomeno al dramma che sta vivendo il Gran Sasso da quasi mezzo secolo. Tuttalpiù questa dinamica risolverà la carriera, o darà un bello slancio, a chi andrà a sedere a tavolo con le istituzioni nelle farse che metteranno in campo per farci credere che gli avvelenatori, ascoltano anche le nostre voci.
Quindi, il corteo di sabato, è servito solo a qualcosa di negativo?
No, no di certo. Perché se anche conoscere il negativo ci può aiutare un domani a non ricommettere gli stessi errori, la giornata di sabato ha anche degli aspetti positivi.
Iniziamo dalla partecipazione. In tempi di magra, dal punto di vista della partecipazione sociale, circa tremila persone che manifestano in una piccola realtà di provincia, non sono poche. E questa non è una consolazione, ma un’ottima base con cui interagire per parlare e cercare di riprenderci le nostre vite. E non è solo un discorso quantitativo, ma qualitativo da un punto di vista del potenziale che la partecipazione di sabato può esprimere. Perché tolti i maramaldi ed i loro compari di cui abbiamo parlato prima, siamo convinti che a Teramo l’altro giorno ci fossero un sacco di persone, di uomini e donne, che hanno realmente a cuore il problema rappresentato dall’esistenza dei Laboratori del Gran Sasso. Perché tocca dirlo, in tutta franchezza (e negarlo vorrebbe dire fare un torto all’evidenza di anni): è l’esistenza stessa dei Laboratori di Fisica Nucleare a minacciare il nostro territorio e le nostre vite. Non questo o quell’altro esperimento (anche se è ovvio che alcuni esperimenti usino sostanze più dannose, o potenzialmente tali, di altri). Ed è una verità lapalissiana sostenere che un laboratorio di fisica nucleare usi necessariamente sostanze tossiche, o perlomeno sostanze che inserite in un sistema complesso come quello del Gran Sasso (autostrada – laboratori – falda acquifera), creano una minaccia costante all’ambiente ed a chi ci vive. Per questo l’unica sicurezza possibile, se ci vogliamo attenere ad un etimo ed una dialettica politichese, è quella che prevede il togliere la minaccia, il pericolo, il cancro: i laboratori. Perché fin quando esisteranno ed opereranno, soprattutto in quel contesto, noi non avremo mai alcuna sicurezza, alcuna certezza che le nostre vite non siano minacciate. Per i semplici motivi che abbiamo elencato, e per tanti altri di cui non siamo a conoscenza, ma che vengono a galla solo se succede qualche fatto lampante (morie di fauna, acqua puzzolente, ecc..) o si viene a conoscenza (quando le istituzioni già lo sapevano) in ritardo o a posteriori di qualcosa altamente tossico o potenzialmente radioattivo.
Quindi, il corteo di sabato è servito a farci un’idea più chiara dei soggetti in campo?
Si, ma non solo. È servito anche a chiarirci che vi sono delle responsabilità ben evidenti. A partire dai sindaci presenti al corteo che fanno parte del cda del Ruzzo, che sull’acqua tante volte ha dato mezze notizie, o le ha date in ritardo, o addirittura non le ha date per niente. Per parlare della responsabilità che ha “Autostrada dei parchi”. Basta ricordare ad esempio che la contaminazione dell’acqua della scorsa estate è stata dovuta, molto probabilmente, alla riverniciatura delle strisce all’interno delle gallerie autostradali. Per non parlare dei politici che hanno avallato la distruzione del territorio, la complicità che hanno con certi enti, la propaganda con cui hanno mistificato e sottovalutato i pericoli che venivano da costanti avvelenamenti. Fino ad arrivare alle responsabilità, più evidenti che mai, dei laboratori. Di chi li fornisce, li finanzia, li sostiene. Su ciò che fanno, su cui i dubbi son più leciti che mai…
Tocca dire, per concludere questo scritto, che purtroppo da vent’anni a sta parte le cose non sono cambiate di una virgola… anzi, son peggiorate di anno in anno. E quel che è stato messo in campo, non è riuscito a fare in modo, purtroppo, che eventi nefasti si continuassero a ripetere a scapito delle nostre vite. Ma tutto ciò, gli uomini e le donne di buon cuore che stavano sabato al corteo, lo sanno fin troppo bene. Perché non ci vuole mica uno scienziato o un politicante sedicente rappresentante di piazza, che ci dica cosa ci fa male e cosa no. Basta poco per capirlo, perché, ahimè, lo abbiamo capito sulla nostra pelle.
È arrivato il momento che lasciamo le illusioni che le istituzioni ci possono salvare, perché ci hanno avvelenato per anni. Se qualcuno vuole andare a giocare a nascondino con loro, che vada pure… se gli piace giocare. Ma il tempo dei giochi è finito e bisogna andare a bussare alle porte di coloro che han trasformato il gigante che dorme, il re degli appennini, nella più seria minaccia per centinaia di migliaia di persone.
Solo in questo modo, a noi ed ai nostri figli, impediremo di vivere nella paura di essere avvelenati dal ventre di una splendida montagna che qualche assassino ha fatto diventare un incubo.
Solo se capiamo e riusciamo a mettere in pratica queste considerazioni, la giornata di sabato scorso è realmente servita per poterci riprendere, finalmente, le nostre vite.
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