fonte: anarchaos.org
Qualcunque cosa si pensi della Federazione Anarchica Informale – e chi scrive queste riflessioni è da qualche anno critico, mai sulle pratiche, figuriamoci sugli obbiettivi, sempre meritori e trattati anzi fin troppo bene, ma sull’individualismo e sul nichilismo, preferendo il vecchio sano insurrezionalismo di massa – non si può negare che il processo per la gambizzazione di Adinolfi ha segnato una svolta cruciale e da oggi in poi i complottisti se ne devono stare zitti.
I compagni imputati hanno infatti rivendicato l’azione in aula. Un gesto coraggioso che gli è costato condanne intorno ai 10 anni (esattamente: 10 e 8 mesi Alfredo, 9 e 4 mesi Nicola). Ma che soprattutto chiude la bocca a quelli che soffiano sul fuoco sempre vivo della dietrologia.
La dietrologia sulle azioni rivoluzionarie, va detto, è storia antica. In Italia è stata alimentata per sconfiggere l’insorgenza armata degli anni ’70, dove almeno 300 sigle di gruppi armati con le migliaia di azioni realizzate sono state incanalate dal PCI nel calderone del complotto: servizi segreti, CIA, fascisti, ecc.
Dietrologia che ha colpito anche la Fai-informale. Quante volte è stato scritto che erano “provocatori”, “infiltrati”, “agenti dello Stato”?
Un complottismo tanto più fastidioso in quanto le decine di persone inquisite a vario titolo in inchieste legate a questa galassia rivoluzionaria (dagli indagati agli arrestati, passando per coloro che hanno subito perquise, ecc) non hanno mai fatto uso, nemmeno retorico, della tesi complottista per difendersi. Nè chi ha rifiutato l’avvocato, né chi si è difeso, nè chi non ha risposto alle domande dei pm ma nemmeno coloro che hanno risposto cercando di discolparsi, che fosse individualista o comunista, nichilista o ambientalista, per l’antigiuridismo anarchico piuttosto che innocentista, persino chi ha dichiarato di non essere nemmeno anarchico ma di essere finito lì per la mente malata di un pm di Perugia, persino chi come Damiano, morto pochi giorni fa, è stato arrestato per una scritta su un muro, nemmno il sindacalista CGIL finito fra i perquisiti per la sola colpa di conoscere un sospettato, ebbene nessuno e dico nessuno e insisto nessuno ha scelto la via complottista per migliorare la propria “posizione”.
Nonostante ciò, i complottisti hanno continuato a colpire. Tutta gente che non è stata minimamente sfiorata dalle inchieste, ma che come una fogna ha continuaro a rigurgitare merda sulla strada che porta all’anarchia.
Con le dichiarazioni di Alfredo e Nicola le cose cambiano definitivamente. Come si fa a sostenere che le azioni degli informali sono opera dei servizi segreti piuttosto che degli extraterrestri quando due compagni hanno ammesso a testa alta di averne realizzata una “in una splendida mattinata di maggio”?
Certo i complottisti ne sanno sempre una più del diavolo. Già mi pare di sentirli esclamare: “Gai e Cospito hanno detto di non conoscere nessun altro membro e di aver agito da soli, quindi la loro è una eccezione ma tutte le altre azioni sono fatte dal mossad o da Belzebù, o da chi per voi…”.
Insomma l’arco dei complottisti è pieno di frecce e dovremo cavarcene altre dal culo nei prossimi anni.
Anche perché sono incazzati e imbarazzati. Ricordate tutta la fogna che emise i suoi sgradevoli odiri nelle ore successive alla gambizzazione di Adinolfi? Ricordate la Federazione anarchica torinese che parlò di “bombe annunciate da Pisanu” per delle azioni realizzate contro il CIE? Ricordate chi ridicolizzava il pacco bomba a Prodi, “spento con una ciabatta”? Ricordate chi disse che le pallottole alla Lorenzetti erano un atto mafioso? Ricordate chi disse che i pacchi bomba alle ambasciate erano criminali perché colpivano governi latinoamericani di “sinistra” e ferivano “lavoratori”?
Ma più di ogni altra: come dimenticare tutti quei comunicati deliranti, complottardi, di presa di distanze con il quale siamo stati bombardati dopo l’azione ad Adinolfi? Che fine hanno fatto tutti quei “prenditori di distanze” e “puntinatori di i”?
Stanno sicuramente rosicando. Non si sa se ha fatto più male la pistolettata ad Adinolfi o il calcio in bocca ai complottisti.
Tutto questo senza rinunciare al diritto di critica, senza rinunciare a pensare che occorra una sollevazione popolare, una insurrezione di massa come quella del 19 luglio del ’36, dove a sparare e a prendere i fucili sono decine di migliai di operai anarchici.
Una critica che costa duro a chi ha il coraggio di farla, finendo bombardato sia dai complottisti sia dal fronte opposto.
Una critica che però non vende mai i propri compagni al nemico e che rimane fedele ad un principio che, so non piacerà agli a-morali questa parola, per me è un principio di Etica: stare sempre e comunque dalla parte di chi spara al padrone.
Benedetto Spinoza
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