Da un bel po’ di tempo, troppo, la principale preoccupazione di alcuni anarchici pare essere diventata quella di prendersela con altri compagni, anarchici.
Un accanimento costante, con scritti, opuscoli, riviste ed altri sensazionali articoli, tutti tesi a dimostrare chi sia il più anarchico tra gli anarchici o cosa sia anarchico e cosa no, o cos’altro…. Ci siamo capiti.
Qualcuno obietterà che è sempre stato così.
Questa affermazione è vera in parte.
Perché se è vero che la critica “interna”, anche aspra, cruda e diretta, vi è sempre stata, è altrettanto vero che essa veniva portata avanti su due cardini principali: uno, rappresentato da un contesto di conflittualità estesa e due, non dovendo “necessariamente” negare l’altrui anarchismo, ma affermando, molto più semplicemente, il proprio. O, in ogni caso, cercando di fare entrambi.
La noia dei nostri tempi, invece, trasporta il dibattito in contesti pacificati ed il tutto, in assenza di azione (essenziale per noi anarchici), rischia di rasentare il vuoto esercizio retorico. Qualcuno cerca di ovviare a questa vacuità, con tentativi, sinceramente malriusciti, di dare un tono lirico agli scritti.
Con risultati ben più goffi.
E quando si parla del nulla di questi articoli, non si parla di nichilismo, che già avrebbe un senso ed un perché, il dibattito. Che, detta tra noi, per dirne una, al gruppo Narodnaya Rasprava avrebbero fatto ridere le attuali discussioni. Che poi, sempre tra noi, Narodnaya Rasprava vuol dire Vendetta del Popolo…
Si parla proprio dell’estenuante ripetitività di due concetti in croce.
Concetti, tra l’altro, neanche veritieri.
E qua sta il nocciolo del discorso e la differenza essenziale con contesti, situazioni di critica, anche passate.
I propugnatori di queste crociate, a parole, moderne, contro altri anarchici, compiono le proprie spedizioni lessicali tutte in nome dell’anarchismo. Dicendo, sinteticamente, che compagni non sono tali perché fanno determinate cose o che qualcuno stia rovinando e facendo finire l’anarchismo.
Il problema sta tutto qui: perché chiunque può dire ciò che pensa, e ci mancherebbe, ma laddove lancia il proprio editto in nome dell’anarchismo, il torto lo sta facendo, non ad altri compagni (che vorrebbe criticare), ma all’anarchismo stesso, alla sua storia, alla sua essenza, alla sua identità, molteplice.
Perché, piaccia o non piaccia, l’anarchismo è stato ed è, anche, organizzazione, tattica, strategia, prospettive rivoluzionarie, piattaforme politiche, lotte specifiche, impegno sociale, insurrezioni popolari e via discorrendo.
Ed è stato anche, purtroppo (perché ovviamente non condiviso da chi sta scrivendo), da parte di alcuni, interventismo nella prima guerra mondiale, ruoli di governo durante situazioni transitorie rivoluzionarie o in processi post liberatori e via discorrendo.
Molto semplicemente e sinteticamente, certo.
Ma per dire che non si può affermare che chi oggi porta avanti le proprie battaglie, su un piano (per capirci) “sociale”, non sia anarchico.
Perché altrimenti, non si sta facendo un torto ad essi, gli accusati, ma all’anarchismo stesso, come già spiegato.
Ciò detto, non serve troppo dilungarsi nella ripetitività di certi concetti, fin troppo chiari.
Basta dire però, che se qualcuno rivendica determinate posizioni, siano esse a parlare.
Per conto di quel che fanno e non per contro di quello che fanno altri compagni.
Se propugnatori “della propaganda del fatto” ci si dichiara, perdio! Che siano i fatti a parlare!
E basta invece ad infettare il dibattitto con chiacchiere da talk show, di cui è già miseramente piena questa schifosa società dello spettacolo.
Che la salute sia in voi!
Compagni e compagne.
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