Il 13 ottobre i fascisti di forza nuova, usando un drammatico fatto di cronaca avvenuto qualche tempo prima in provincia, indicono un corteo contro gli immigrati nel centro di Macerata. Le carogne fasciste infatti prendono a pretesto il barbaro omicidio di due anziani coniugi a Montelupone da parte di un macedone, per mettere su una campagna diffamatoria e razzista contro gli immigrati, fatta di slogan triti e ritriti contro di essi, usando il termine sicurezza, come parola d’ordine. Una sicurezza che per i forzanovisti viene minacciata dagli immigrati, principali autori, secondo la propaganda fascista, di spaccio, ruberie varie, fino ad arrivare a drammatici avvenimenti come l’omicidio di Montelupone. Anche un ingenuo capirebbe però che la nostra sicurezza è messa costantemente in pericolo dallo spaccio di false notizie che lo Stato c’impone, dalle ruberie di cui le banche e tutti gli enti si rendono protagoniste nei nostri confronti, dai drammatici fatti di cronaca testimoniati dalle morti causate dal lavoro e dalle sue conseguenze, e dalle morti a cui vengono indotte le persone che non riescono a vivere o che sono rinchiuse. Anche un ingenuo capirebbe che il ragazzo macedone resosi responsabile di quell’omicidio è un macellaio tanto quanto lo è un Salvatore Parolisi o il militare che a L’Aquila stava per ammazzare una ragazza dopo averla stuprata. Anche un ingenuo noterebbe che gli ultimi due sono italianissimi e per di più militari, simbolo dello Stato che rappresentano.
Anche un ingenuo lo capirebbe.
Non certo un fascista però! Utile servitore di questo sistema che fa dell’insicurezza propinata alla popolazione, il mezzo per poterla dominare. E questo discorso lo sa fin troppo bene lo Stato, che dei fascisti necessita per fare il “lavoro sporco” e per propagandare la guerra tra i poveri e contro il diverso. Una propaganda che, da un punto di vista governativo, è solamente più viscida, malcelata, falsamente indiretta.
Ma si sa, il mondo non è fatto solo d’ingenui, ma anche da tutta una serie di loschi personaggi che, per i diversi tornaconti personali o per impostazioni ideologiche, mettono in pratica le più efferate nefandezze. Bene, il corteo fascista di forza nuova a Macerata, rientrava tra queste: tra le nefandezze che contribuiscono a rovinarci la vita e, per questo, da combattere con ogni mezzo.
Così avviene che il corteo indetto una settimana prima venga bloccato, checché ne dicano trionfalisticamente le locali ed autorevoli organizzazioni antifasciste, dalla questura a cui non andava proprio a genio un presidio antifascista fissato a metà percorso del corteo di forza nuova.
Tutto rimandato di una settimana quindi.
Per il 13 ottobre dunque sono fissati i due presidi: a forza nuova viene cambiata collocazione, fissando un mini corteo dall’altra parte della città, agli antifascisti viene confermato un presidio lì dove era stato stabilito una settimana prima, con tanto di corteo, richiesto dall’Anpi, fino ad una piazza del centro storico, pur sempre lontano dal luogo di partenza e di arrivo del corteo di forza nuova. Al ritrovo fascista, verranno poi a dirci, erano presenti non più di una cinquantina di rifiuti umani, mentre al presidio antifascista la situazione è ben diversa: con oltre duecento persone presenti già due ore prima dell’appuntamento annunciato. L’atmosfera è pacata, ma determinata, anche se qualcuno, più d’uno, aveva messo in conto l’esito della manifestazione, considerando i partecipanti e gli artefici del presidio.
Ma andiamo con ordine.
Come detto ci ritroviamo in oltre duecento al presidio antifascista ben due ore prima della partenza del corteo e, quel che già sembra strano, è il fatto che non ci si muova, visto che vi erano le possibilità, verso le carogne fasciste. Sta di fatto che si aspetta per un bel po’, fino a quando qualcuno, uno, dice di partire. Quell’uno scopriremo poi non essere uno qualsiasi, ma uno che sapeva quel che si stava facendo e con lui lo sapevano gran parte di quelli che già avevano deciso il da farsi. Tant’è. Ci si muove in oltre cento cinquanta, con uno sparuto gruppo dell’Anpi che tentava di dissuadere le persone dall’accodarsi a quel corteo. Vengono percorse delle strette vie del centro storico, rese per una volta vive da canti di lotta e cori antifascisti. La determinazione sembra esserci tutta ed in men che non si dica, ci si ritrova nella piazza in cui il corteo fascista sarebbe dovuto arrivare, sbarrata da due furgoni della celere a chiudere l’ingresso della piazza e gli sbirri dietro ad essi. L’incertezza regna, come se a mancare fosse quella scintilla che fa partire lo scontro o che illumina un’alternativa per aggirare l’ostacolo. Questo manca. Qualcuno prende il megafono e si inizia a delineare, per chi non è dell’ambiente, l’andazzo che la situazione sta prendendo: si parla con gli sbirri, gli si dice di farsi da parte, gli si dice che quelli da bloccare stanno dall’altra parte, che il nemico per le forze dell’ordine non sono coloro arrivati fino a quel punto.
Ma come?
Si chiede a gli sbirri di farsi da parte! Di farci passare!
Perché mai dovrebbero farci passare? Perché mai dovrebbero farsi da parte?
Ora ritorna il discorso dell’ingenuo di prima, ma , anche qui, c’è chi ingenuo non è, e queste cose le diceva perché aveva in mente già un disegno. Ma, ritornando al nostro amico ingenuo, anch’egli capirebbe che gli sbirri sono i servitori dello Stato, dello stesso Stato che ha bisogno di sbirri così come ha bisogno di fascisti, che usa i primi come usa i secondi. Anche un ingenuo capirebbe che sbirri e fascisti sono una diversa faccia dello stesso problema da combattere. Anche un ingenuo capirebbe che laddove vi è sopraffazione vi sono apparati tesi a mantenerla ed a salvaguardarla; vi sono, in altre parole, soldati, in divisa ed in abiti civili, pagati per questo compito.
Tanto per capirci, e questo addirittura ce lo dice anche un ingenuo, ed è sessant’anni che ce lo dice: la polizia non solo difende i fascisti; ma difendendo essi, difende se stessa, il concetto della sua esistenza, e difende lo Stato che, delle guardie, ne determina l’esistenza.
Ma anche qui, non ci sono solo gli ingenui …
Al megafono, infatti, viene detto alle persone di avvicinarsi alle transenne dello sbarramento della polizia.
Per fare cosa? Per farsi menare?
Sta di fatto che, al primo scuotimento delle transenne, partono un paio di cariche degli sbirri, rese ancor più spettacolari dall’accensioni di diversi fumogeni da parte di alcuni manifestanti. La situazione andrà poi stabilizzandosi, non prima di aver visto quell’uno che aveva detto a tutti di partire, bloccare chi si voleva scagliare o voleva scagliare qualcosa contro le forze dell’ordine. Ma diciamo meglio: la situazione andrà poi incanalandosi verso la direzione che qualcuno aveva stabilito ancor prima della manifestazione. Per farla breve: una delegazione dei dimostranti andrà a parlare con il responsabile dell’ordine pubblico, barattando il presidio antifascista con il blocco del corteo di forza nuova. In linea di massima questo avviene: al corteo fascista non viene permesso di entrare in piazza e di percorrere il viale su cui si sarebbe dovuto svolgere, ne percorreranno solo qualche decina di metri, ed il presidio antifascista verrà sciolto per bocca degli organizzatori che, annunciando la vittoria, diranno ai presenti di confluire nel presidio dell’Anpi.
A fine giornata l’amaro in bocca è veramente tanto e l’amarezza si percepisce in molti discorsi fatti con le persone presenti in totale disaccordo con l’operato degli organizzatori. E sì, perché alla fine si percepisce che la dinamica della giornata era in qualche modo già scritta, ed era scritta nel modo in cui l’abbiamo raccontata. Un modo che pensavamo superato, o, per meglio dire, seppellito dai nefasti del G8 di Genova, ma che nelle Marche ancora viene praticato. Una modalità che, dello spettacolo fa la sua ragion d’essere, e della simulazione dello scontro un simulacro che dovrebbe rappresentare la conflittualità sociale. A conferma di ciò, i svariati video pubblicati con noncuranza sulla rete, a voler testimoniare la propria combattività e la propria vittoria. Ciò anche a scapito di persone che con questo spettacolo non hanno e non vogliono avere nulla a che fare, i cui volti sono stati messi in bella mostra nei video. Video, tra l’altro, utili esclusivamente per i “curiosi” e per gli inquisitori. Quindi, oltre a ruolo di pacificatori, questi personaggi, hanno contribuito di certo anche al ruolo di inquisitori.
È proprio vero che non c’è mai un limite allo schifo!
Ma ritorniamo per un attimo al concetto di combattività e vittoria da loro espresse in quella giornata, e cerchiamo di capire cosa cela.
Se si fosse voluti essere combattivi, non si sarebbe pensato, una volta trovata la strada sbarrata, a passare da un’altra parte?
Se si fosse voluti essere combattivi, non si sarebbe risposto a tono, vista anche la consistenza numerica del corteo, alle cariche dell’esiguo numero di sbirri?
E ancora: se si fosse vinto, non si sarebbe arrivati a contatto con i fascisti e li si avrebbe cacciati dalla strada?
Tali domande retoriche non sottintendono scontate risposte positive per dimostrare chi è il più duro o il più antifascista. Tali domande ci servono per arrivare al nocciolo della questione: sono queste le vittorie? È questa la combattività? È questo il conflitto sociale? Anche tali domande hanno risposte scontate, perché ci si rende conto che le pratiche portate avanti nel presidio antifascista di Macerata, disconoscono termini come opposizione, autonomia della lotta, conflitto sociale. E qualora li nominano, lo fanno per usarli per i loro scopi, indossando un abito svuotato del contenuto. Ma oltre che i termini, ne disconoscono la sostanza e ciò contribuisce ad un appiattimento attorno a certe pratiche, che non favorisce lo svilupparsi qualitativo, oltre che quantitativo, di reali situazioni di scontro ed emancipazione. E lo diciamo, non certo per arroganza, quanto per quella sensazione che in molti ci hanno comunicato durante il presidio, di sapere in anticipo come sarebbero andate le cose.
Ma è proprio da questo scoramento per tali pratiche, espresso da molti, che parte una crepa la quale può rompere il continuo ripetersi dello spettacolo. È proprio tale insofferenza abbastanza diffusa che fa percepire il presidio di Macerata come un’occasione mancata. È proprio questa partecipazione, per molti versi inespressa, che diversifica la situazione di quella giornata, da quella ben più mortifica e mortifera di un paio di settimane prima a Pescara, in cui, un corteo di forza nuova, ha trovato il nulla come opposizione. Perché, diciamocelo chiaro, è sempre meglio un’occasione mancata come quella di Macerata, che una mancanza di occasioni come a Pescara. Ma fortuna – o sfortuna – vuole che in queste situazioni simili occasioni si ripropongano e spetta a noi fare in modo che non siano più occasioni mancate.
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