Il 16 febbraio il consiglio comunale di Montorio al Vomano ha deliberato in merito all’autodromo del Gran Sasso, decidendo, nei fatti, la sua realizzazione attraverso il cambiamento d’uso della zona agricola in cui dovrebbe sorgere l’autodromo e vincolando le future amministrazioni. Qualche mugugno, qualche lettera e nulla più è stato il dissenso espresso in quel consesso dai cittadini presenti. Eccezion fatta per la difficoltà che c’è stata la mattina ad aprire le porte del comune, visto che qualcuno, nella notte, aveva pensato bene di incollarne le serrature, lasciando un foglio con su scritto: NO ALL’AUTODROMO. Dal canto nostro, già da tempo abbiamo provato una sorta di “approccio” con questa situazione e, anni addietro, facemmo centinaia di volantini che distribuimmo quasi casa casa, contro la realizzazione di questo nuovo scempio. Ma, diciamoci la verità, non è che c’è stato chissà quale interesse. Non c’è stato interesse né nei confronti del nostro volantino, né tantomeno nei confronti della costruzione dell’autodromo. Qualcuno si è fatto vivo dalle nostre parti, ma era solo qualche buontempone politico, di centro destra perlopiù!, che affermava di essere contrario all’opera… Ovviamente lo faceva per calcoli politici ed ovviamente potete immaginare da parte nostra quale risposta abbia ricevuto… Ma, a parte quest’ultima sciocchezzuola, bisogna sottolineare il fatto che più che un totale disinteresse da parte della popolazione locale, c’è un vero e proprio interesse, favorevole, alla costruzione dell’autodromo. Ad esclusione di chi riceverà la bella colata di cemento sulla testa, infatti, il resto della popolazione locale sembra, anzi lo è proprio, favorevole a quest’opera.
E chi non ne vuol sentire?
Che dovrebbe fare?
Darsi per vinto?
Farsi sopraffare dallo sconforto?
Giammai!
Infatti basta un minimo d’immaginazione per scorgere scenari nuovi che si aprono in questa situazione: in una situazione in cui si ha la maggioranza contro. Basta poco per riscoprire le possibilità che percorsi autonomi sanno concedere. E non parliamo di questi percorsi come forme di, chiamiamola, purezza della lotta; ma ne parliamo proprio come riscoperta di modi di fare che ci spalancano tutto un ventaglio di possibilità. Parliamo di non “intervenire” in una situazione di lotta per portare il proprio contributo e la propria radicalità, ma crearla da capo, in base ai propri bisogni e le proprie esigenze. In base a quel che si vuole ed in base a quel che non si vuole. Senza mezze parole e senza mezzi termini. Parliamo del partire da zero e partire da tutto, al tempo stesso. Parliamo del partire da noi. Parliamo della fantasia e della determinazione, della spregiudicatezza e della progettualità. Parliamo di una lotta autonoma che, vista anche la situazione, sembra essere l’unica possibilità se vogliamo metterci in gioco e mettere in discussione la distruzione di quel lembo di terra sotto il Gran Sasso.
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