CORVACCIO RESISTE, CORVETTO S’INFIAMMA
Comunicato per gli sgomberi del Corvaccio squat e dello spazio anarchico Rosa Nera
Un risveglio anomalo per il Corvetto martedì 18 novembre: in via Ravenna anziché cappuccino e brioche, colazione con lacrimogeni e barricate.
Sono le sette di mattina, quando il quartiere, già vigile e all’erta per la tanto annunciata “emergenza sgomberi” si accorge dell’avvicinarsi di un grande numero di camionette. Si dirigono verso via Ravenna e chiudono con mezzi e uomini due interi isolati con la chiara intenzione di sgomberare il Corvaccio e Rosa Nera. Il primo è una casa occupata in cui da oltre due anni abitano poco meno di una decina di ribelli, mentre la seconda uno spazio anarchico che da quasi otto mesi ospita concerti e aperitivi a sostegno dei prigionieri, incontri, proiezioni e assemblee su diverse tematiche di lotta, e dove a bassa velocità stanno prendendo vita anche un corso di batteria, un laboratorio di serigrafia, una palestra e un centro di documentazione.
La feroce campagna stampa, che da ormai una settimana su tutte le testate a livello nazionale dipinge quei due spazi come centri nevralgici di una fantomatica “immobiliare nera”, si rivela inconsistente in confronto alle relazioni di fiducia e condivisione, che giorno dopo giorno crescono fra gli occupanti del quartiere, ormai abituati a scendere in strada per resistere insieme agli sgomberi.
Davanti agli scimmioni con scudo e manganello si radunano immediatamente gli occupanti della zona, uomini e donne provenienti da diverse parti del mondo, bambini e bambini, ragazze e ragazzi di tutte le età. Si vedono alcuni ribelli sul tetto del Corvaccio e, dato che anche il mobilio si dimostra inaspettatamente solidale, pare che gli agenti in borghese stiano incontrando qualche difficoltà nell’entrare dentro la casa, finché i vermi non decidono di lanciare lacrimogeni all’interno delle stanze. A questa notizia i sacchi e i bidoni dell’immondizia fuori dai palazzi circostanti in attesa del ritiro settimanale finiscono sui cordoni di celere, per restituirgli un po’ del loro fetido olezzo. Mentre le persone presenti dentro la casa, alcune in manette, stanno per essere trasportate in questura, diversi bidoni e cassonetti si riversano in mezzo alla strada e s’infiammano. Per due volte si cerca di impedire l’avvicinarsi del camion dei pompieri, che il giorno precedente si sono prestati all’opera infame di aprire le case di tre compagne della zona per una perquisizione. In questo frangente le carogne avanzano, sferzando i loro manganelli senza guardare in faccia bambini e donne incinte. I presenti si radunano dietro una barricata di cassonetti già in fiamme e la raccolta del vetro e i bacchettoni dei marciapiedi frantumati vanno in loro aiuto riversandosi su caschi e scudi delle guardie. I porci in divisa rispondono con lacrimogeni ad altezza uomo, e i solidali si spostano dietro un’altra barricata di cassonetti in fiamme. Si replica la stessa scena e così ancora diverse volte finché non si giunge alla piazza centrale del quartiere, dove quel giorno c’è il mercato rionale. Durante le cariche sono stati presi due ragazzi e una ragazza. Da lì ci si muove in corteo per le vie del quartiere, attraverso il mercato, si blocca un incrocio di accesso alla zona, fino a tornare vicino al Corvaccio, dove si crea un presidio permanente. Nella casa le merde scagliano dalle finestre mobili, vestiti e tutti gli oggetti personali degli abitanti per poi caricarli in alcuni container diretti in discarica.
Durante il pomeriggio apprendiamo che le tre persone fermate nelle cariche e tre di quelli che erano dentro la casa saranno rilasciate con denuncia a piede libero, mentre gli altri tre presi al Corvaccio saranno trattenuti in arresto. Nelle prime ore di buio, scendono dal tetto senza essere identificati i tre ribelli che ancora resistevano e si uniscono al presidio, che, trasformandosi in un corteo, attraversa di nuovo le vie del quartiere e arriva a bloccare piazzale Corvetto. Da lì si riversa in metropolitana con l’intenzione di raggiungere San Vittore per portare calore ai due ragazzi arrestati il giorno precedente durante gli scontri per uno sgombero di un appartamento in Giambellino e ai tre compagni presi dentro il Corvaccio. Il corteo riemerge in piazza Duomo e, mentre percorre una delle vie del lusso del centro di Milano, si infrangono le vetrine di una decina tra banche, agenzie immobiliari e negozi. I babbuini avanzano, stringendo da entrambe i lati il corteo, che ripara una piccola traversa, e da lì scatenano, una caccia all’uomo per qualche chilometro, preceduta ancora una volta da lacrimogeni lanciati ad altezza uomo.
La mattina seguente presso il tribunale di Milano dovrebbe svolgersi il processo per direttissima ai tre dei nostri ancora in mano alle carogne, ma apprendiamo che il pm di turno ha deciso di non convalidare l’arresto e i ragazzi vengono rilasciati nelle prime ore del pomeriggio.
Solo la lotta paga.
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