Il corteo contro le trivellazioni di Lanciano ha evidenziato diversi fatti che emergono con chiarezza, su cui tocca ragionare e da cui si può continuare a immaginare e mettere in pratica dei percorsi. Ovviamente in primis emerge la partecipazione molto ampia della popolazione, che siano state 40, 50 o 60 mila persone, poco importa. Importa che queste tematiche siano molto sentite e partecipate. Il discorso quindi sta nel saper interagire con questa partecipazione che, per quel che ci riguarda, non può essere espressa in un’affannosa e, diciamocela, inutile nei fatti, rincorsa di figure e consenso istituzionale. Perché questa partecipazione c’è stata, al di là delle istituzioni, oltre esse. Una partecipazione che, se vuole, può facilmente scavalcare figure e ruoli istituzionali che, dal canto loro, faranno di tutto per non farsi sfuggire chi gli permette di stare sopra altre teste. Beh, sarebbe il caso che noi contribuissimo in una direzione, piuttosto che in un’altra…
E, diciamoci anche un’altra cosa: se non fosse intervenuto il diluvio a fine corteo, tutta una serie di interventi tesi a ribadire l’importanza delle istituzioni e della politica, nonché della legge, sarebbero dovuti essere accompagnati necessariamente da bordate di fischi.
Anche ciò avrebbe voluto dire interagire con questi contesti, così come i migliaia di volantini diffusi a riguardo. Non certo per sovradeterminare le situazioni, ma siam convinti che un sindaco che si autoglorifica come salvatore della patria, se dovesse essere sbeffeggiato in questa sua convinzione (ma poi ne è veramente convinto?), se dovesse essere contestato in queste sue affermazioni, questa contestazione avrebbe raccolto il consenso dei più e, perché no, li avrebbe anche coinvolti…
E poi tocca dire due parole sulla contrapposizione che sembra crearsi in questi momenti tra i 60 mila pacifici di Lanciano a cui i media di regime non hanno dato voce e gli scontri di Milano del primo maggio che hanno riempito i telegiornali. Ovvio che non ricerchiamo l’attenzione del nemico, o del suo portavoce, e dimostrazione ne è che la mobilitazione di Lanciano è stata fatta, con questi risultati, con uomini e donne di buon cuore che hanno saputo contare principalmente sulle proprie forze. Ma ritornando alla contrapposizione: Bene, la contrapposizione non esiste!
Per un semplicissimo motivo: che i 60 mila di Lanciano, o chi per loro, prima o poi, agli scontri ci dovranno arrivare, se non vogliono che il territorio sia distrutto, se non vogliono che le loro vite vengano saccheggiate. È un’ovvietà, anche cruda, ma che tocca dirsela se non vogliamo ingannare le persone, se non vogliamo fargli credere che davanti agli interessi delle multinazionali possano bastare delle bandiere e delle folle che le reggono. Possiamo raccontargli di come siano stati bloccati i progetti di morte al lago di Bomba, ma se poi gli raccontiamo quel che succede in Val di Susa, a Niscemi, nel Salento, o di quel che non è successo in Veneto per la base militare, e in tantissime altre parti; beh, la narrazione sul potere salvifico della giurisprudenza e delle istituzioni locali scricchiola un po’, e rimane solo la lotta come unica compagna e risolutrice dei problemi connessi al territorio ed alle nostre vite.
Certo, questi percorsi tocca costruirli, queste connessioni tocca crearle, certe pratiche bisogna saperle mettere in campo, farle rendere proprie alle persone, anche e soprattutto a quelle presenti a Lanciano. Certo, queste cose solo la lotta saprà chiarirle e solo il dominio di questo sistema democratico le mostrerà con la ferocia che è propria di ogni potere.
E nella direzione della costruzione di questi percorsi si cerca di far andare anche le assemblee che si vanno costruendo tra compagni e compagne, ragazzi, uomini e donne, che hanno simili sensibilità, simili affinità, al di là di differenze ideologiche, nel caso ci dovessero essere. Assemblee che, col pressapochismo dei neofiti, ha portato anche ad una sorta di spezzone autodeterminato all’interno del corteo di Lanciano, con la partecipazione e l’aiuto di compagni e compagne di altre città, di altre regioni. Spezzone che, si spera perlomeno, ha detto il proprio con i propri contenuti, che necessariamente dovranno essere accompagnati da delle pratiche confacenti.
Ma un altro paio di cose infine son risultate evidenti in questa giornata.
La prima è che la presenza di compagni che si vogliono autodeterminare in questi contesti, con contenuti e pratiche differenti rispetto a chi imposta situazioni con altre “modalità”, non è secondaria a nessuno, anzi. Riguardo a ciò, lo ribadiamo a scanso di equivoci, non è nostro interesse giudicare o entrare in contrapposizione con chi sinceramente pensa sia giusto il proprio progetto di lotta, anche se diverso dal nostro.
La seconda, necessaria per la prospettiva di lotta, è che situazioni assembleari di compagni, che, come detto si vanno creando, non devono essere mai svincolate da mobilitazioni tipo quella di Lanciano: non nella semplice partecipazione, ma nella sua costruzione. Tanto per capirci: la semplice partecipazione a simili situazioni viene, anche comprensibilmente, percepita come un corpo estraneo rispetto alla mobilitazione. A maggior ragione nel momento in cui questa partecipazione rimarca una diversità rispetto alla situazione così come strutturata. Discorso diverso se alla mobilitazione si contribuisce nella sua costruzione, nell’affinarsi di rapporti, nella credibilità, nella fiducia e nel rispetto reciproco. In tal caso la propria diversità, che poi, diciamocela tutta, non è un fattore estetico o di dialettica, ma sta solo nei progetti che abbiamo in mente e nelle pratiche che vogliamo e che mettiamo in campo; in tal caso, dicevamo, la propria diversità può generalizzarsi.
Tenendo ben a mente questi pochi appunti, si possono scrivere delle belle storie…
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