Skip to content


Dietro l’angolo

E così le premesse del paventato, da una parte, augurato, da un’altra, autunno caldo, non hanno mantenuto le aspettative. E di ragioni ve n’erano e ve ne sono a bizzeffe per turbare la quiete della pace sociale, solo che, salvo sporadiche situazioni, queste ragioni non hanno trovato espressione conflittuale. Un peccato, certo, ma non disperiamo.

Così ci tocca pensare quali strade intraprendere e cercare di dare una lettura alle stradi che viaggiano tutt’intorno a noi. L’autunno, come detto, non è stato un ribollire di scontri sociali. È stato piuttosto un avanzamento cadenzato ed uniforme della controrivoluzione da parte del potere. Tale avanzamento è la continuazione dell’operato estivo della repressione e del restringimento delle, seppur misere, conquiste sociali. Il governo dei tecnici, o di chi ne fa le veci, è matematico anche nell’opera (o meglio, nel suo tentativo) di attacco ai movimenti sociali. Una costanza che, passo dopo passo, sferra i suoi colpi, mantenendo un livello di violenza stabile, ma costante nel tempo. Sembrano infatti studiate a tavolino, e molto probabilmente lo sono, le tempistiche delle mazzate che ci arrivano: siano esse le repressioni contro i compagni o le brutalità poliziesche, siano esse gli attacchi contro il cosiddetto stato sociale, per esempio l’ aumento dell’età pensionabile o i vari ricatti lavorativi. Siano, ancora, le mazzate che ci arrivano dal punto di vista fiscale ed economico, con tutta una serie di pagamenti imposti, tesi, pian piano, a dissanguarci. Una costanza che, senza dare l’impressione di eccedere, riesce ad instillarsi nel tessuto sociale e riduce al minimo molte forme di reazione. E la realtà ne è triste testimonianza. D’altronde il bastone e la carota è l’espressione per antonomasia di come il potere gestisce il controllo; anche se, nei nostri tempi, di carote se ne vedono ben poche. Adesso è più un tira e molla, ma nella misura in cui quando il potere molla, non concede le famose carote, concessioni sociali che rappresentavano e rappresentano, seppur minime, conquiste sociali. Quando il potere molla, adesso, sembra che lo faccia per farti al massimo sfogare, per lasciarti fare, senza darti nulla in cambio, senza le famose carote, senza un minimo di conquista per quanto riguarda l’agibilità e le rivendicazioni sociali.

Quest’uso chirurgico della macchina statale è il degno risultato e obiettivo di chi ci governa. Tristi personaggi, o chi ne fa le veci, espressione del capitale e della finanza, non possono far altro che sezionare le persone, così come sezionano un istogramma. Non possono far altro che conteggiare gli individui, così come conteggiano i punti di spread. E, tornando al nostro discorso, essi non possono far altro che affrontare la questione sociale, così come affronterebbero un grafico sulla rendita decennale dei titoli di stato: presupponendo che vi saranno alti e bassi, un tira e molla, in base alle richieste della finanza e del mercato. Essi, quindi, non possono che affrontare la questione sociale come se fosse un computo numerico, una somma di fattori, una risultante di operazioni logiche, lineari e in prospettiva.

Ecco il mostro attuale. Non che i precedenti o i prossimi futuri divergevano o divergeranno, solo che tale mostro sta creando dei presupposti tetri, con la sua noncuranza matematica, nella gestione della popolazione.

In questo scenario, forse è sfuggito ai più, l’autunno ci ha riservato anche due-tre manifestazioni nazionali di fascisti; oltre che tutta una serie di azioni ad essi riconducibili o espressione di tematiche da loro portate avanti. Perché parlarne? Perché dunque prenderli in considerazione, alle prese, come siamo, con il sistema di comando e controllo che ci riduce in schiavitù?

Innanzi tutto perché è un discorso etico: l’esistenza dei fascisti va contro l’eticità di ognuno. Poi perché, semplicemente, del mostro di cui abbiamo parlato prima, i fascisti non possono che essere i più strenui guardiani. I cortei fascisti forse saranno sfuggiti ai più, ma ciò che non può sfuggire è l’agibilità che hanno conquistato e una certa consistenza numerica di cui, questi cortei, erano composti. Qualcuno sbufferà: “Perché quanti erano ai cortei di Forza Nuova? Quanti erano al corteo di Casapound?”.  A noi viene da rispondere: “Troppi!”. E vien da considerare il fatto che i cortei l’abbiano fatti; se mai può essere considerato un risultato soddisfacente avergli fatto cambiare, tramite le questure, i tragitti del percorso …  Ma soprattutto vien da considerare il fatto che, salve rare eccezioni, i cortei fascisti avevano gli stessi numeri, se non di più, rispetto ai contro presidi. E questa, volete dirci, non essere una negativa novità?

Sono solo questi i problemi che ci spingono a porre attenzione nei confronti di questi rigurgiti? No, non solo, purtroppo.

Non serve ripetersi riguardo al mostro finanziario che ci domina, con cui abbiamo iniziato il nostro discorso. Può servire invece ribadire il ruolo che i neo fascisti potrebbero avere in questo contesto. Della reazione, si sa, quest’ultimi sono i più tenaci propugnatori. Ma in quale modo? In quale modo potrebbero carpire l’attenzione delle persone e ritagliarsi, speriamo no, sempre più un ruolo politico?

Partiamo da un dato banale ed assodato: c’è un malessere sociale crescente che non trova sbocchi conflittuali. Che non trova aggregazione di classe, che non trova delle idee, per non dire soluzioni. Attorno a chi o a cosa, questo malessere, può aggregarsi? Ovviamente attorno a delle proposte pratiche, fondate sui bisogni reali e che comunichino una certa sensazione di fattibilità e fiducia. Siamo banali nel ragionamento, ma le letture fasciste della realtà, pur nella loro miseria culturale e tragicità sociale, elaborano semplicistiche proposte che, proprio per la loro bassezza concettuale, rischiano di raccogliere consensi. E quando parliamo di bassezza concettuale e della possibilità che essa alletti le persone, non lo facciamo con tono o intenzioni spregiative verso la popolazione, che potrebbe tendere le orecchie a queste nefaste sirene. Lo facciamo per porre l’accento sul pericolo e per far notare le “possibilità” che il governo dei tecnici da al neo-fascismo. L’apparenza è sempre la stessa: il finto ribellismo fascista che si oppone (fa credere) al potere finanziario. In realtà il connubio tra Capitale e fascismo non è nuovo, così come non è nuova la strategia del manganello che spiana la strada alla banca e la banca che finanzia il manganello. Siamo nella banalità, lo sappiamo, ma è talmente banale il discorso del potere che chi governa vuole in tutti i modi rendercelo incomprensibile, usando termini astrusi economici tesi a confonderci.

Dietro l’angolo, purtroppo, si cela proprio questa banalità.

Una banalità che vede far raccogliere consenso ai fascisti e dare loro sempre più legittimazione e agibilità politica.

Checché ne dicano coloro che ci accusano di agitare nuovi mostri, noi rispondiamo con scenari tetri già presenti in altri paesi. Scenari di squadracce, legittimate e politicamente riconosciute, che si aggirano per le città ad imporre la banalità e la violenza dell’autorità fascista.

Una banalità che nel nostro paese cova i propri germi. Una banalità di cui deve essere svelato il ruolo che potrebbe ricoprire nel mostro economico che ci domina. Una banalità da schiacciare, ancor prima che svolti dall’angolo neanche più troppo buio dove si annida. Da schiacciare insieme al padrone che la porta al guinzaglio.

 

Posted in critica radicale.

Tagged with .