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A chi sta provando la nostra stessa rabbia

sbirriIn questi ultimi giorni l’attenzione un po’ di tutti si sta focalizzando, a ragione, sulle violenze che lo Stato, tramite i suoi apparati, sta compiendo ai nostri danni. Parliamo degli operai manganellati, dell’assoluzione degli assassini di Stefano Cucchi e, in generale, della protervia con cui chi governa vuole imporre le sue scelte ai nostri danni. Ovviamente, quando lo strappo è così netto ed evidente, non può che provocare delle reazioni. Quando cioè il potere si leva la maschera e si mostra orribilmente con i suoi manganelli e le sue auto-assoluzioni non può che creare, perlomeno, un moto d’indignazione. Ed è quello che stiamo vivendo.
Non ci dilunghiamo quindi su questo aspetto, perchè a chi è toccato nella coscienza da questi avvenimenti, non serve certo che noi queste cose le andiamo a spiegare. Ed a chi non lo è, invece, non abbiamo proprio nulla da dire. Anzi, quest’ultimi forse staranno dall’altra parte della barricata rispetto alla nostra, e rispetto a chi si è sentito toccato da cotanta violenza e dalla sua giustificazione e legittimazione.
Ma con gli uomini e con le donne di buon cuore, che in quei momenti, in questi momenti, stanno provando la nostra stessa rabbia, viene da condividere un pensiero:
la polizia manganella chi protesta per il pane, la polizia uccide, i giudici assolvono gli assassini e i politici difendono l’operato di tutto ciò e, per di più, continuano ad emanare leggi che vanno ancor di più in questa direzione di sottomissione e repressione.
E questo è un fatto sporadico, un eccesso, un abuso (come si sente dire)?
No, per noi questi non sono abusi. Per il semplice fatto che abusare vuol dire, etimologicamente, fare un uso cattivo o eccessivo di una qualche cosa, in questo caso nell’esercizio del potere. E, purtroppo, anche questi tristi avvenimenti rientrano nella normale amministrazione dell’esercizio del potere. Perchè il potere, nel momento in cui l’assefuazione del consenso (che è anch’esso una violenza imposta nei più svariati modi) tende a scemare, non ha problemi a ricorrere alle sue armi più brutali: la violenza, la reclusione, l’assassinio.
Siamo teorici nel nostro ragionamento? Bene, parliamo di fatti pratici.
In questi giorni, ad esempio, un altro drammatico avvenimento ci ha scosso: l’assassinio di Rémi da parte della gendarmerie, che ha ucciso il compagno francese, molto probabilmente, con una granata legalmente in uso agli sbirri francesi. E’ stato vittima di un abuso? No, è stato vittima della guerra che lo Stato francese sta conducendo contro quel territorio che non vuole un’opera disastrosa per chi ci vive. E’ stato vittima dell’esercito interno – le forze di polizia – che lo Stato adopera per mantenere sottomessa la popolazione. Non è stato vittima di un loro abuso, ma della loro funzione repressiva.
Ma questo accade quotidianamente:
vuoi contestare il governo che ti toglie il lavoro e crea sempre più differenze tra chi possiede e chi a mala pena sopravvive?
Lo sbirro ti mena.
Vuoi fare un picchetto fuori la fabbrica che delocalizza o fuori la casa da cui ti vogliono cacciare?
Gli sbirri ti caricano.
Vuoi impedire che ti distruggono il territorio, che te lo rendono invivibile?
Gli sbirri ti attaccano e ti riempiono di gas lacrimogeni.
E se quello sbirro poi avesse il numerino identificativo, cambierebbe qualcosa? Forse in alcuni casi, ma non certo nella sostanza, per il semplice fatto che stanno lì apposta per fare quello. Per il semplice fatto che sono autorizzati a farlo. Così come saranno autorizzati ad usare le pistole elettriche, o come sono autorizzati altrove ad usare pallottole di gomme, o veri e propri proiettili. Questo per dire che la mala polizia non esiste, perchè non esiste quella buona.
Se continuiamo a parlare di abusi, continuiamo ad affermare, più o meno implicitamente, che esiste o può esistere un uso corretto di questo strumento del potere. Continuiamo a puntare il dito contro un fatto esecrabile, ma con la tendenza a giustificarne ed a salvarne la funzione e la struttura. Quando alla fine sappiamo che non è così. Sappiamo che quelle terribili morti, quelle violenze a cui assistiamo, non sono degli incidenti, causate da delle mele marce di una struttura. Sappiamo che sono la punta, drammatica, di un iceberg. Ma quest’iceberg non è lì a caso, non è scollegato dalla punta che drammaticamente emerge. Perchè esso ha un ruolo, una struttura, una funzione. E la sua funzione è solo quella di difendere gli interessi e l’esistenza della classe dominante. E questa difesa la svolge con tutti i mezzi che il potere gli mette a disposizione.

Prendersela con le espressioni più evidenti di questo corpo repressivo e di controllo statale, giustificando ciò che è la sua essenza e la sua funzione, non ci fa affrontare il problema, che, anche in questi termini, purtroppo si ripresenterà. E inoltre, non ci farà fare vera giustizia dei ragazzi che oggi non ci sono più. E questo discorso vale anche per i giudici e per tutti gli altri apparati dello Stato.
Questo volevamo dire agli uomini ed alle donne che, in questi giorni, hanno provato e stanno provando la nostra stessa rabbia.

Posted in critica radicale.