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Il governo dei sapienti

Nella trilogia platonica, dopo i dialoghi “Teeteto” e “Sofista”, c’è il “Politico”, in cui il filosofo greco antico ricerca la definizione di colui che sia realmente l’unico in grado di governare la polis. Costui si distingue dal “sofista” per identificarsi tout court con il filosofo. Una forma di governo oligarchica quindi, una sorta di timocrazia fondata sul sapere, sul suo onore, che proprio in base alla sapienza – e la conseguente rettitudine – attribuisce ai sovrani filosofi il compito di governare.
Un uso, per dirlo in parole povere, specialistico della cosa pubblica, la cui gestione rimane affidata nelle mani di pochi, molto pochi. La visione platonica di ciò si argomenta intorno all’assioma che determinati soggetti abbiano le capacità, derivate dal loro grado di conoscenza, per la corretta gestione della vita pubblica di chiunque.
Un governo, insomma, in mano a dei specialisti del settore…
Un po’ come avviene ai tempi nostri per molte tematiche che riguardano la vita e le problematiche con cui abbiamo a che fare tutti i giorni. Certo, il parallelismo può sembrare azzardato (e molto probabilmente lo è), ma concettualmente ci permette di ragionare su due termini cardini di questa speculazione filosofica: la specializzazione di alcuni e la deresponsabilizzazione di tutti gli altri.
Facciamo degli esempi (per non correre il rischio di perderci): anche ai giorni nostri, che sia la gestione degli aspetti economici, di quelli legislativi, di quelli ambientali e via discorrendo… il potere decisionale sta nelle mani di pochi, perlopiù i soliti. Ed a questa dinamica può ben poco l’illusione democratica, perché non si tratta di esprimere la proprie preferenze, ma di avere le capacità, le competenze e, di conseguenza, il potere in materia….
Perlomeno è quello che vogliono farci credere…
E queste dinamiche si ripercuotono anche nelle lotte che vogliamo mettere in campo:
Quante volte ad esempio, colmi di odio contro le banche, ci troviamo succubi di estenuanti dibattiti di tecnici sulla ripresa (o meno) economica?
Quante volte ad esempio, avvelenati dall’ambiente in cui viviamo, ci troviamo smarriti a rincorrere i professori dell’ambiente, conoscitori dell’ultimo studio scientifico o unici lettori dell’aspetto biochimico?
Quante volte ad esempio, rancorosi per la legge che ci reprime, ci troviamo affannati a rincorrere un ricorso amministrativo o a stipendiare un avvocato?
Una marea di volte, ne siamo certi. Ed in molti aspetti in cui, nostro malgrado, ci sentiamo impotenti.
Ed è proprio questa impotenza a tagliarci le gambe, a paralizzarci nell’agire e, al tempo stesso, conferire ancor più potere ai tecnici ed agli specialisti: siano essi di governo che di lotta. Con evidenti risultati sempre più negativi.
Voi pensate, ad esempio, che coloro che imbracciarono i fucili contro il fascismo, conoscevano tutti i provvedimenti legislativi e amministrativi delle “leggi razziali”? Conoscevano tutti i mutamenti che furono apportati allo “Statuto regio”? Conoscevano la “costituzionalizzazione del Gran Consiglio” o l’organigramma dell’Ovra? Conoscevano tutti i fondamentali del corporativismo economico, nell’ottica di collaborazione di classe o le caratteristiche del dirigismo economico e dell’autarchia?
Pensiamo di no! Pensiamo non avessero bisogno di conoscere fino al midollo tutte queste specifiche, ma gli bastava, e lo ribadiamo, gli bastava, sentire sulla propria pelle cos’era quell’oppressione per combattere con tutto se stessi, con ogni mezzo.
Certo, conoscere il nemico, può aiutarci ad affrontarlo. Ma la conoscenza del settore va letta in quest’ottica, non nel meccanismo di delega che si instaura nei confronti dei più sapienti. I quali, tra l’altro, della propria sapienza non ce ne farebbero nulla se, di volta in volta, non vi fosse un soggetto agente, più o meno cospicuo, che va realmente a mettere i bastoni tra le ruote degli oppressori.
Per questo, se già da tempo andiamo dicendo che non dobbiamo mettere le nostre vite in mano ai governati, dobbiamo anche iniziare a dire che non dobbiamo mettere le nostre lotte in mano agli specialisti. Per diversi motivi. Uno perché, in una lotta siffatta, tolto dalla scena (per le più svariate ragioni) lo specialista, cade l’apparato su cui la lotta reggeva. Un altro motivo è che le più grandi conoscenze, le facciamo nelle lotte stesse, sbagliando, facendole crescere, mettendoci in discussione, attaccando e difendendoci. Ma il motivo principale è perché tutto ciò per cui lottiamo, ci appartiene! Così come ci appartengono le nostre vite, e coloro i quali ce le avvelenano, ce le rinchiudono, ce le umiliano, tante remore non le hanno e non le hanno avute nei nostri confronti.
E non serve tecnico, specialista o studio di settore per capire chi sono e fargliela pagare!

Posted in critica radicale.