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Penna e carabina

dal libro: “MEZZO SECOLO DI ANARCHIA” (1898- 1945); di Armando Borghi

Mentre ero a Ravenna, vi capitò Massimo Rocca alias Libero Tancredi. Era stato chiamato dal circolo “Carlo Cafiero”: Cafiero, l’idealista nostro precursore, che praticò il disprezzo della ricchezza; l’apostolo che si attirò l’ira dei famigliari perchè disonorò la nobiltà del casato, non volendo essere “il barone Cafiero”. Quella sera la “camaraza” era piena di operai in grande attesa. Seggiole in bell’ordine che “erano state” impagliate, panche lungo i muri, un tavolo in fondo per l’oratore, e sopra l’oratore un ritratto di Cafiero, col barbone apostolico e gli occhiali a stanghetta. Facce rudi, intelligenti, animate da curiosità.
Ed ecco che proprio sotto gli occhi di Cafiero, un mostriciattolo bolso e sputacchiante ci inflisse per un paio d’ore, sfida alla pazienza, una elucubrazione, che lui spacciava per filosofica, e che sembrava diretta non a diffondere, ma a diffamare gli ideali dell’anarchia. Secondo lui, noi eravamo codini di un anarchismo invertebrato, “cristianelli” foruncoli del pretismo umanitario. Il nostro comunismo era rinuncia eremita, erotismo da evirati; portava dritto dritto alla caserma, e promuoveva il predominio dei rifiuti sociali a scapito del superuomo, che pesta e calpesta i deboli.

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Posted in anarchismo, critica radicale.